Nel corso del 2020, a causa della necessità di garantire la salute di lavoratori ed utenza dei pubblici uffici, messa in pericolo dalla diffusione del virus COVID-19, sono state messe a punto una serie di misure che hanno rivoluzionato il ricorso allo strumento dello “smart working” nel pubblico impiego.
- Prima delle misure del 2020, di cui si dirà appresso, vi era un uso marginale del telelavoro ed il lavoro agile era una misura sperimentale che avrebbe dovuto interessare circa il 10 per cento dei dipendenti nell’ambito degli strumenti di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche previste dall’art. 14 della l. 124 del 2015 e del DPCM n.3 del 2017. Nell’arco del Triennio 2017-2020 erano previste fasi di analisi, del contesto, definizione delle caratteristiche ed obiettivi, avvio della sperimentazione, monitoraggio e valutazione, il tutto per un passaggio graduale alla nuova modalità lavorativa che consentisse di individuare fabbisogni, strumenti e problematiche e tutti gli opportuni adeguamenti.
- La crisi sanitaria scoppiata a marzo 2020 ha costretto ad una pesante accelerazione del ricorso a tale istituto, con il superamento della natura sperimentale dello stesso.
Con il DPCM dell’11 marzo, infatti è stato previsto, in via temporanea ma immediata, che “le pubbliche amministrazioni assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente, … e individuano le attività indifferibili da rendere in presenza», ciò con tutti i limiti che una misura così improvvisa ha potuto avere, ha costretto ad un massiccio ricorso a tale istituto le pubbliche amministrazioni.
- L’art. 87 del D.L. 18 del 2020, rimasto in vigore fino al 15.9.20 ha previsto che “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019 il lavoro agile e’ la modalita’ ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”, prevedendo espressamente l’uso di strumenti informatici nella disponibilita’ del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione.
- L’art. 263 del Decreto rilancio ha previsto un adeguamento dell’attività per far fronte alle necessità degli uffici ed alle richieste dell’utenza, con un graduale rientro in servizio presso gli uffici, ma prevedendo espressamente anche al possibilità di interlocuzione digitale e non in presenza.
- Con la l. 77 del 2020 di conversione del decreto rilancio è stato previsto: flessibilità orario, interlocuzione programmata nche in via digitale, applicazione lavoro agile al 50% del personale ove compatibile con la tipologia di servizio.
A regime ogni P.A. dovrà entro il 31 gennaio di ogni anno redigere un piano ordinario del lavoro agile sentite le organizzazioni sindacali he preveda per le attività che possano essere svolte in modalità di lavoro agile, cosicché almeno il 60% potrà avvalersi di tale tipologia lavorativa ed in caso di mancata adozione di tale piano il 30 % dei dipendenti potrà usufruire del lavoro agile ove ne faccia richiesta.
Al di là dell’uso massiccio del lavoro agile durante la crisi sanitaria, con tutte le difficoltà che ciò ha causato in amministrazione e cittadini, dovute anche all’improvviso passaggio a tale modalità di lavoro senza un contestuale adeguamento strutturale degli ufficio e delle reti informatiche, quello che si osserva è una totale trasformazione dell’istituto dalla fase pre-emergenza – in cui era sperimentale e riservato ad una piccola percentuale di lavoratori (10%)- alla fase post emergenza, in cui – a regime – dovrebbe diventare la modalità di lavoro ordinaria per il 30 od anche il 60 % delle attività che possono essere proficuamente svolte con tali modalità e che le stesse amministrazioni, sentite le organizzazioni sindacali dovranno individuare.
La rivoluzione culturale attivata dalla situzione di emergenza sembra essere in corso; solo tra qualche anno sarà possibile trarre un bilancio e verificare se e come tale nuova modalità di lavoro sarà congeniale al settore.